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venerdì 5 aprile 2013

Il Canto della Sirena

L'estratto che pubblico oggi è buona parte del XVI capitolo, Il Canto della Sirena, nel quale molte cose vengono finalmente spiegate sulla vicenda narrata.
Gavio, uno dei protagonisti, torna nel sottosuolo di Neapolis per incontrare una seconda volta la Sirena Parthenope. Ecco come si svolsero i fatti.
[…]
Il giovane si addentrò nel dedalo sotterraneo rapidamente. Questa volta portava con sé due torce: l'esperienza di Nymphios gli aveva insegnato che se Parthenope non avesse voluto farsi trovare lui avrebbe potuto trascorrere molto tempo in quei bui cunicoli. Non era certo la familiarità a guidarlo con sicurezza, quanto piuttosto l'ansia di sapere, la sua autentica debolezza, il suo vizio. Giunse alla caverna della sirena in molto meno tempo di quanto ricordasse necessario e chiamò con premura e rabbia allo stesso tempo: «Parthenope! Parthenope!»

domenica 3 marzo 2013

Oscuro Presagio

Il secondo estratto che desidero pubblicare è parte del Cap. XVII - Oscuro Presagio.
L'azione si svolge durante il pieno dell'assedio romano a Neapolis, e chi avrà seguito i miei post passati ricorderà che durante l'anno e mezzo di assedio si produsse un'eclissi totale di Luna.
Mi è piaciuto tentare di far rivivere da diversi punti di vista, mediante personaggi di diversa estrazione, la meraviglia di un simile spettacolo celeste.
[…]
La calda ed afosa estate, resa ancora più intollerabile dal fragore, dai fumi e dai fuochi dell'assedio, cedette così il passo ad un autunno dorato, ed una speranza cominciò a radicare nel cuore dei Sanniti. Sembrava che essi fossero al corrente di qualcosa che sfuggiva ai loro alleati Neapolitani, o forse erano semplicemente esaltati dall'umore del loro meddíss che si faceva giorno dopo giorno inspiegabilmente più spavaldo, più sicuro di sé.
Era un comportamento che Charilaos trovava irritante: l'assedio si prolungava nel tempo e coloro che ne erano stati la causa sembravano trovare la cosa sempre più divertente... Venne il momento dei chiarimenti.

venerdì 22 febbraio 2013

La leggenda di Parthenope

In Neapolis - Il richiamo della sirena il ruolo attribuito alla sirena Parthenope nella vicenda parrà marginale. Nondimeno ella fa la sua comparsa e narra la propria storia.
Ho cercato di documentarmi naturalmente al meglio delle mie possibilità sulla vicenda di Parthenope, trovando più di quanto desiderassi, meno di quanto necessitassi. Le storie, le leggende su Parthenope non si contano, fondendosi spesso coi “si dice” privi di alcuna fonte. Alle fonti greche più antiche, che già si sovrapponevano e contraddicevano, secondo quell'abitudine così tipica nei frammenti greci di impiegare figure mitologiche e creare miti per spiegare eventi naturali, teorie filosofiche e scientifiche o, più prosaicamente, elevare oscuri alberi genealogici, si sono aggiunte le fonti romane che hanno apportato quel loro inconfondibile sapore di propaganda, la critica cristiana che ha cercato di cancellare il peccato dal pensiero stesso dei popoli, quella medievale, umanistica e rinascimentale che ha trasformato la sirena in una donna pesce, poi l'ha riportata a riva e ne ha popolato ogni anfratto della costa, quella spagnola e borbonica che aveva ormai perso la bussola e continuava ad apportare nuovi frammenti di incomprensione ad un mito perso nel tempo.
La filologia moderna, finalmente assurta al rango di scienza umanistica, potrebbe dire tanto in questo campo, e si percepisce in effetti la mancanza di un personaggio di peso che dedichi eccezionali doti di ricercatore alla pulizia del mito, al suo disseppellimento, al suo restauro, né più né meno che se fosse un reperto archeologico, ed alla sua conseguente divulgazione.
Io non posso chiaramente essere quel tale. Nondimeno, ho cercato di mettere insieme alcuni frammenti che mi sembra combaciassero, ed in questo post desidero farvi partecipi dell'idea che mi son fatto.

sabato 17 novembre 2012

Eclissi di Luna

La mia professione è il fisico ricercatore. Ho studiato astrofisica, e l'astronomia è stata la mia prima passione “adulta” fin dall'età di 10 anni.
Scrivendo Neapolis - Il richiamo della sirena, e ben sapendo che ogni anno sono possibili diverse eclissi lunari (per tacere di qualche eclisse solare), mi sono chiesto se dalla Neapolis posta sotto assedio fosse stato possibile assistere ad un simile fenomeno.
Nel post precedente ho accennato al rapporto tra i Romani e l'interpretazione dei segni, con particolare riferimento alle incombenze dei Consoli. Ebbene, mi sono chiesto come un Console avrebbe mai potuto interpretare un segno della portata di un eclissi di Luna. Chi avesse la curiosità di trovare questa risposta, potrà soddisfarla tra le pagine del mio romanzo. Qui mi limiterò ad illustrare che un simile evento accadde davvero.
Internet è uno strumento poderoso per certe ricerche: basta digitare in Google
list lunar eclipse
per farsi dirigere a Wikipedia. Lo so, spesso Wikipedia si rivela una fonte inattendibile, ma noi stiamo cercando una lista di fatti che, presumibilmente, qualcuno ha copiato da un'altra fonte, quindi possiamo essere relativamente certi dell'affidabilità dell'enciclopedia on-line.

lunedì 12 novembre 2012

Console e Augure

Molte sono le caratteristiche che contraddistinguevano i Consoli Romani. A scuola ci viene insegnato fin dalle elementari perché nacque questa figura di potere: dopo la cacciata di Tarquinio il Superbo, si volle limitare il potere del Rex affibbiandogli un collega di pari potere e con diritto di veto. Da allora, la politica italiana non ha più avuto una direzione precisa!
Ma vi sono prerogative e funzioni del Console che spesso non vengono evidenziate con la stessa profondità, come ad esempio quelle religiose.
Gli antichi Romani sono passati alla storia per molte buone ragioni, ma anche per essere terribilmente superstiziosi. Prima di intraprendere qualunque azione si affidavano volentieri a indovini, maghi, aruspici, seguendo una tendenza che fece prima la fortuna degli Etruschi, poi dei Greci, ed infine degli Egiziani.
Ma quando si andava in battaglia, non potendo togliere dalla testa dei soldati tante corbellerie, bisognava assecondare questa loro inclinazione in modo che permettesse loro di combattere con il coraggio e la determinazione che ci si aspetta dagli antichi dominatori del mondo.
Il Console, durante una campagna di guerra, fungeva anche da aruspice. Se volete, faceva anche da sacerdote militare, ma pensate a quanto sarebbe terribile se un generale di corpo d'armata fosse anche il prete dell'esercito! Certo lo stesso accadeva ancora con il Papa Giulio II, che ricordiamo ne “Il Tormento e L'Estasi”, il kolossal biografico su Michelangelo, ma oggi è fortunatamente un'altra cosa!
Per capire dunque in cosa consistessero le incombenze religiose del Console, dobbiamo capire che gli antichi Romani erano molto religiosi, al punto che vita religiosa e vita pubblica erano quasi indissolubilmente vincolate. I Consoli erano infatti incaricati sia dei doveri religiosi che di quelli militari, e la lettura degli auspici era un passo essenziale prima di condurre l'esercito in battaglia.

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